Fausto De Maria (Sindaco di Latronico)

Le aree interne non si accompagnano al declino. La Basilicata deve farsi sentire.

In questi giorni in cui il caldo mette a dura prova la vivibilità delle grandi città, è inevitabile riflettere sul valore che hanno ancora oggi le aree interne. Nei nostri paesi si continua a vivere in modo più equilibrato, a contatto con la natura, con aria pulita e ritmi sostenibili. E questo, in un tempo come il nostro, dovrebbe essere considerato un punto di forza, non un problema da gestire.

Per questo fa davvero impressione leggere, nel nuovo Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne, che alcune zone del Paese dovrebbero essere “accompagnate verso uno spopolamento irreversibile”.È una frase inaccettabile.
Come può un documento pubblico dello Stato contenere un’idea del genere? Significa, di fatto, dichiarare conclusa la presenza umana in decine di territori.
Eppure, noi sindaci dei piccoli comuni lo sappiamo bene: ogni giorno facciamo fatica per tenere vivi i nostri paesi.
Scuole che chiudono, trasporti che si riducono, sanità che arretra, servizi che vengono tagliati.
Nonostante tutto questo, continuiamo a investire, a crederci. Ma da soli non possiamo reggere all’infinito.

Oggi più che mai le aree interne dovrebbero essere viste come un’opportunità:
il lavoro da remoto, la qualità della vita, l’ambiente, le reti digitali che finalmente si stanno diffondendo.
E non siamo soli a pensarlo. In Spagna, ad esempio, lo Stato ha messo in campo misure vere per ripopolare i borghi: aiuti alle famiglie, sostegno alle imprese, digitalizzazione, smart working.
Perché in Italia no?

La Basilicata, più di ogni altra, rappresenta le aree interne.
La conosciamo tutti la situazione:
oltre 200.000 abitanti persi in 70 anni,
più di 100 comuni sotto i 3.000 abitanti,
e una previsione che parla di meno di 350.000 residenti entro il 2070, se si continua su questa strada.

Con questa logica, la Basilicata rischia davvero di sparire.
Ecco perché serve una presa di posizione netta.

“La Regione Basilicata deve farsi sentire con forza. I parlamentari lucani devono fare tutto il possibile per cancellare quelle parole dalla relazione e per cambiare l’approccio del Governo verso i nostri territori.”

Non possiamo continuare a sentirci dire che chi resta nei paesi è un piccolo eroe.
Chi resta ha diritto a vivere bene. Ha diritto a servizi. Ha diritto a essere messo al centro delle politiche pubbliche.

Le aree interne non sono un problema. Sono una parte fondamentale dell’Italia. E vanno difese, adesso.

 

Braia (IV): Rivedere la Strategia Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne (PSNAI) per evitare la morte della Basilicata e delle aree interne italiane.

Chiedere di aderire ad un percorso di morte assistita, al 95% dei comuni della Basilicata, come al 50% dei comuni italiani che si collocano nelle Aree Interne, essendo condannati all’estinzione, è quanto di più cinico si possa scrivere in un piano strategico che di strategico ha la fine delle aree interne stesse.

Nessun processo, neanche quello dello spopolamento, può ritenersi irreversibile, se ci si crede e, soprattutto,  se si è consapevoli di guidare l’Italia noto tra le altre cose come il paese degli 8000 campanili, delle biodiversità umane e ambientali. Un Paese in cui le Aree Interne costituiscono circa tre quinti dell’intero territorio nazionale, distribuite da Nord a Sud, con caratteristiche simili, grandi ricchezze naturali, paesaggistiche e culturali, distanza dai grandi agglomerati urbani, potenzialità di sviluppo centrate sulla combinazione di innovazione e tradizione.

Non è possibile scriverlo oggi, grazie ai satelliti dallo spazio il mondo è oramai iperconnesso, siamo nell’era delle tecnologie, dello smart-working, dell’innovazione e del digitale. Si può fare un intervento chirurgico stando a decine di migliaia di chilometri di distanza, siamo nell’era in cui l’uomo torna a cercare nella qualità della vita il proprio equilibrio, sta tornando di moda il turismo lento, torna centrale il buon cibo di prossimità, l’ambiente e la sostenibilità, possiamo avere una possibilità di rinascita le periferie, si ricomincia a investire nella medicina territoriale, cercando di colmare le distanze tra il centro e le periferie urbane e sociali.

Nessuno vuol rinunciare alla modernità e ai servizi per i propri figli, alla formazione e all’istruzione, a una buona viabilità, a una sanità prossima ed efficiente. Proprio su questi aspetti doveva concentrarsi la strategia PSNAI se tale vuole definirsi, migliorando la qualità della spesa, rafforzando gli investimenti strategici e collettivi, mettendo insieme le comunità per il miglioramento e il potenziamento dei servizi comuni per aree omogenee, affinché siano capaci di generare anche economia lavoro e quindi occupazione, aspetto fondamentale che determina in una famiglia la scelta di rimanere nel proprio paese di residenza vicino agli affetti più cari.

Bisognerebbe far questo, piuttosto che rassegnarsi al fenomeno dello spopolamento strutturale tanto da stimolare all’adesione a un percorso che porta di fatto a un suicidio assistito declinato letteralmente alla fine  dell’obiettivo 4 della strategia PSNAI come “un piano mirato che possa assistere i comuni in un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento in modo da renderlo socialmente dignitoso per chi ancora vi abita”.

Una “proposta assurda” che dovrebbe convincere tutta la politica e tutti gli italiani a chiedere l’immediata revisione dell’intero piano, se ancora vogliamo definirci una nazione solidale capace di scommettere sulle proprie caratteristiche e diversità, tutelandole e valorizzandole a tal punto da diventare fattori attrattivi per un mondo che cambia e che non vuole cancellare il proprio territorio, la propria storia e la propria identità.

Luca Braia (Italia Viva)

Già Consigliere Regionale