Per carità, i tempi di Emilio Colombo sono finiti da un pezzo. Lo statista di Potenza decideva invero non solo i destini della Basilicata, ma incideva anche a Roma e persino in Vaticano.

Altri tempi, senza internet, chat e audio rubati, che non ritorneranno. Bisogna ricordarlo ai tanti ex qualcosa che in Basilicata continuano a scrivere fiumi di parole che nessuno legge e che rende solo patetica l’incapacità di lasciare il passo alle nuove generazioni.

Ma la sconfitta senza precedenti di Angelo Chiorazzo, umiliato a destra e manca, scaricato da Conte, da Schlein, da Calenda e da tutto il panorama politico nazionale e locale, pone anche un interrogativo sul peso della chiesa lucana, che – almeno in una sua frazione ben identificata – ha sostenuto con forza il disastroso tentativo di Chiorazzo e soci, naufragato prima nell’improvvisato, con il povero Dr. Lacerenza e poi affondato a Roma da Schlein e Conte (in primis da Travaglio).

Aver esposto la chiesa lucana a una operazione politica di dubbio gusto e di scarso risultato dovrebbe far riflettere il ceto ecclesiastico lucano: i fedeli votano oggi a prescindere dalle indicazioni del prelato. Il mondo è libero, fluido e a ogni modo diverso rispetto a 30 anni fa. L’idea del clero capace di condizionare la vita pubblica è una roba da anni ’50, in Basilicata durata fino agli inizi degli anni 2000. Oggi cosa resta di tutti quei bei tempi andati? Le chiese sono vuote, i cattolici in politica non esistono più come soggetto politico, ma solo come individualità, quasi sempre di una determinata età e quindi destinati a esaurirsi.

Alcuni personaggi della chiesa lucana facciano ammenda: pensino ai fedeli. Al potere ci pensano già troppi lucani. Con esiti non certo fausti. Una prece.

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