Intervengo sulla questione del dimensionamento scolastico con il pensiero alle parole del Presidente della Repubblica che ieri a Potenza ha presenziato alla cerimonia dei 40 anni dell’Unibas. Lo dico con una premessa e con un appello a superare oggi in quest’aula la questione contingente per provare a riflettere e approfondire il tema della SCUOLA nel suo complesso partendo da quella che è la sua missione principale: creare le condizioni per i nostri bambini e i nostri giovani a “essere protagonisti del futuro”. E di certo la Scuola non può essere ridotta a questione di ‘freddi’ numeri e di algoritmi. La scuola per come dovrebbe essere intesa è anima e cuore. Comprendo che le istituzioni abbiano il dovere anche di ragionare sui tecnicismi e sulle finanze ma non dovrebbero mai perdere di vista che la scuola non può e non deve mai diventare una ‘azienda’. Non si può ragionare solo in termini di quello che conviene da un punto di vista finanziario perché altrimenti abbiamo fallito per principio.

Ritorno alle parole di Mattarella, l’Università, e io aggiungo tutta la scuola, sono il “motore di crescita e di speranza per molti giovani, con un ruolo decisivo per trasmettere il sapere ed educare alla LIBERTA’ di pensiero”.

Ed è solo grazie a un sistema scolastico di qualità, e non di quantità, che potranno essere formate future donne e futuri uomini capaci, liberi, democratici e consapevoli. E dico di più: noi siamo in Basilicata. Inutile essere orgogliosi qualche volta all’anno quando viene in visita il Presidente della Repubblica o rappresentanti del Governo o quando ci guadagniamo qualche complimento e qualche titolo di giornale internazionale. La Basilicata ha bisogno di una scossa a vari livelli e qua faccio i complimenti al presidente del Consiglio degli studenti dell’Unibas, Davide Di Bono, che ha dimostrato, come se ce fosse ancora bisogno, che spesso i giovani sono la parte migliore della nostra società. Perché l’appello ‘a fare presto’, che ci ricorda i giorni tragici del terremoto dell’80, è un potentissimo messaggio che non può non entrare anche in quest’aula.

E lo rideclino: presidente, assessori, colleghi consiglieri, facciamo presto a dare risposte concrete per questa terra e per i suoi cittadini. Perché non c’è più tempo da perdere. Basta con gli interventi tampone o le azioni estemporanee che potranno servire per un anno, per tre e forse 5 ma non certo per il futuro di questa terra che è complesso da immaginare. I problemi sono tanti e non sono solo, purtroppo, legati alle nostre solo potenzialità. La Basilicata è una regione fragile inserita in contesti più grandi e altrettanto complessi.

E quindi, iniziamo subito e iniziamo dalla scuola, che ripeto è il più grande e straordinario mezzo che abbiamo per disegnare un futuro all’altezza delle grandi aspettative che abbiamo e che hanno i nostri studenti e che dobbiamo provare in tutti i modi a far realizzare. Sin da oggi e sin da questa mozione di cui all’ordine del giorno con un ritmo, anche in questo Palazzo, che deve iniziare ad allinearsi con i tempi della modernità che sono diventati rapidi e che lasciano velocemente indietro chi si ferma per mere e inutili tattiche che siano elettorali, partitiche o di piccolo cabotaggio personalistico.

Detto questo entro nel merito della questione: la legge di Bilancio dello Stato, che noi chiediamo di contrastare o per lo meno di modificare, non tiene conto della parte umana del sistema scolastico ma appare troppo basata su elementi ragionieristici. Tanto più penalizzanti per una Regione Basilicata che ha le sue peculiarità demografiche, urbanistiche, viarie e orografiche differenti dai riferimenti metropolitani di altre regioni o dalle dinamiche competitive delle realtà più ricche.

Non mi dilungherò su quello che non va di questo dimensionamento immaginato dal Governo nazionale, all’interno della scorsa finanziaria che eredità scelte sbagliate del passato quando altri Governi e altre maggioranze decisero di aumentare le scuole senza tener presente le varie dinamiche locali. E oggi ci troviamo con la una Legge di bilancio che dà delle indicazioni di dimensionamento scolastico rispetto al numero di dirigenti scolastici che in soldoni significa numeri ampi per ciascun dirigente con l’effetto matematico, e non qualitativo lo ripeto, che in Basilicata produrrebbero l’accorpamento di numerosissimi plessi e scuole delle due province.

Parliamo di numeri che se accettati nella logica generale incrociati con lo spopolamento, la crisi generale demografica che tutta Italia ha e non solo la Basilicata porterebbe a un depauperamento di tutto il sistema scuola della Basilicata. E con problemi enormi come il costringere centinaia e centinaia di giovanissimi studenti lucani a viaggiare ogni giorno per poter usufruire di un servizio che in realtà sarebbe un loro diritto poter ottenete in condizioni meno disagiate.

Siamo stati tutti studenti e abbiamo tutti maturato esperienze per sapere in prima persona che lo studente ha bisogno di attenzioni, servizi e non di paletti e di ostacoli.

E voglio aggiungere anche un altro tema che mi è stato suggerito da professionisti del mondo della scuola della Basilicata. Più che ai numeri dovremmo anche cominciare a pensare al livello della didattica e sarebbe utili anche in questo caso che dalla Basilicata partisse un’idea: invece che accorpare istituti si potrebbe ribaltare il ragionamento formando classi meno numerose: a quel punto il numero delle scuole necessarie rimarrebbe invariato ma ne gioverebbe la didattica con classi composte da massimo 15 alunni e con insegnanti non ridotti che potrebbero svolgere programmi più intesi con un’attenzione diretta a ogni alunno. Cosa che ovviamente non può accadere continuando a ragionare sui numeri generali e continuando a favorire le cosiddette ‘classi pollaio’.

E quindi poi c’è tutto il tema delle caratteristiche lucane che rendono il piano del Governo praticamente irrealizzabile nella nostra regione. I tetti fissati al minimo di 900 alunni per istituto sono ‘assurdi’ per la Basilicata, che ricordo, è una regione composta essenzialmente da piccoli Comuni con moltissimi centri addirittura sotto i duemila abitanti. Con tanti paesi sede di istituti superiori con popolazione sotto i cinquemila abitanti e con caratteristiche orografiche molto particolari. Senza contare, e lo ribadisco, che accorpare istituti di comuni limitrofi, vicini magari linea d’aria ma collegati in maniera approssimativa per le strade e con il sistema dei trasporti pubblici non adeguati significherebbe solo trasformare la frequenza scolastica in una sorta di ‘gioco senza frontiere’ pieno di ostacoli e senza alcun bonus.

Insomma da quest’aula, a mio parere, deve partire la richiesta ufficiale e non sindacabile, di tenere conto di tutte le peculiarità locali contestualizzando alla realtà i numeri nazionali. Dando poi per scontato che vengano confermate quelle deroghe concesse fino a oggi ai comuni montani.

Per chiudere io propongo di immaginare un altro tipo di modello che tenga conto delle necessitò generali ma coniugandolo con un possibile piano trasporti a esso collegato. Oltretutto, e concludo, noi abbiamo un tema che attiene alla sopravvivenza stessa della nostra regione: indebolire la scuola sarebbe l’ennesimo colpo a una comunità che già vede servizi locali molto rarefatti con il conseguente indebolimento di un tessuto sociale che favorisce fenomeni come l’esodo dei cervelli (non spontaneo ma indotto) e spopolamento.

Per questo io credo che sia indispensabile che oggi il Consiglio regionali si allinei a quanto fatto già ad altri livelli istituzionali esprimendo  netta contrarietà all’applicazione del coefficiente di 900 studenti previsto dal comma 557 dell’articolo 1 della Legge di bilancio 2023 del 29 dicembre scorso dichiarando  non applicabile i vari criteri penalizzanti per la nostra terra.

Grazie