La malattia oncologica la si può definire psicologicamente come una malattia famigliare.

Perché quando ci si ammala di cancro le conseguenze psicologiche vengono condivise e assorbite da tutto il nucleo famigliare.

La malattia oncologica è un trauma non solo fisico ma anche psicologico, sociale e spirituale, che segna in modo indelebile chi viene colpito.

In questo caso si parla di una donna di Potenza, che deve combattere tutti i giorni con la madre malata di cancro e che ad oggi, non le è stata ancora riconosciuta l’indennità di accompagnamento. Il suo è un appello disperato che va avanti ormai da mesi, una vera e propria denuncia nella quale rivela di essere stata «illusa e delusa» dalle istituzioni, che spesso si dimenano in lungaggini assurde per delle questioni che andrebbero analizzate e concluse con una certa celerità.

«Ho una madre anziana, 86 anni, – racconta la signora attraverso una lunga lettera scritta e pubblicata anche attraverso i social – una donna che ha lavorato nella sua vita e che oggi, per fortuna, percepisce una dignitosa pensione che i suoi 35 anni di lavoro dipendente hanno prodotto. È ammalata di cancro da ben cinque anni, un intervento di mastectomia radicale con svuotamento ascellare, una recidiva su cicatrice e quindi un secondo intervento dopo solo 9 mesi dal primo e, nel frattempo una chemioterapia che purtroppo il suo organismo non ha sopportato e quindi si è andato avanti con controlli ravvicinati e nel 2017 anche sedute di radioterapia in un comune distante 40 minuti dal nostro. Nel 2016 abbiamo fatto una domanda di accompagnamento che ahimè non è stata accolta, quindi un ricorso che, nel viaggio verso Lourdes (TRIBUNALE), dove ho avuto la brutta sensazione di andare a chiedere una grazia, ma che grazia non era, ha riconosciuto dopo circa un anno una indennità di accompagnamento relativa ai 4 mesi della chemioterapia. Poi stop...»

Così comincia un vero e proprio calvario, un interminabile susseguirsi di eventi ravvicinati per l’anziana signora che sembrano non avere mai fine purtroppo. «Nel 2018 – scrive – una nuova recidiva ci costringe a fare controlli ancora più ravvicinati che nel febbraio 2019 la portano a fare altre 25 sedute di radioterapia nella speranza di avere qualche beneficio. A quel punto rifacciamo la domanda di accompagnamento che naturalmente viene rigettata e poi si procede con il ricorso tramite un sindacato. Nel frattempo, in attesa della grazia, la mia mamma nell’ottobre del 2019 dopo nuovi controlli viene sottoposta ancora ad altre sedute di radioterapia, 25 per l’esattezza nella speranza che quel maledettissimo nodulo parasternale possa arrestare la sua crescita. Poi qualche mese di tregua e, guarda caso per marzo viene fissata la data della visita in tribunale che però non riusciamo a fare perché arriva il primo lockdown… che assurdo scherzo del destino!

Bene andiamo avanti tra mille problemi e sacrifici, la mia mamma nel frattempo peggiora sempre più, un declino quotidiano che non auguro a nessuno. A settembre su mia insistenza tramite l’avvocato riusciamo ad avere una data per la visita domiciliare, (oramai le condizioni non consentono più di uscire se non per attenuare problemi importanti di salute) per cui il giorno indicato mi vedo costretta ad andare a prendere il medico in tribunale, portarlo dai miei per poi riaccompagnarlo lì dove l’avevo preso. Bene, ad oggi so solo che è stato riconosciuta l’indennità di accompagnamento da luglio di quest’anno ma ad oggi non abbiamo comunicazioni ufficiali né abbiamo goduto del beneficio che dovrebbe servire a darle un supporto quotidiano.

Ciliegina sulla torta, il 23 dicembre nel sonno sopraggiunge una crisi epilettica che la sbalza dal letto e la fa sbattere contro il termosifone causandole una ferita al sopracciglio che verrà poi suturata in pronto soccorso. Le crisi purtroppo si replicano e non rimane che chiamare il 118 che arriva in tempi rapidissimi e che capisce subito la gravità della situazione. Bene, sutura, tac, esami e la sentenza, metastasi cerebrale che le ha praticamente compromesso l’equilibrio.

Non sta più in piedi, ha bisogno di assistenza continua, non è più autonoma, ha momenti di vuoto, di confusione, possibile che ad un ammalato venga negata l’assistenza e quindi la dignità?

C’è qualcuno che può aiutarmi a denunciare questa situazione? Possibile che chi non ha la fortuna di un figlio, un parente debba essere trattato così dopo che in Italia c’è stato lo scandalo dei falsi invalidi? Per favore, non le rimane molto da vivere, questo è stato il suo ultimo Natale ma perché un diritto deve essere elemosinato? Chiedo visibilità per questa storia assurda, mi vergogno di vivere in un paese dove i diritti vengono negati a chi effettivamente ne ha bisogno. Qualcuno può aiutarmi? Grazie a chi potrà darmi una mano per risolvere questa situazione».

Un grido d’aiuto, un appello disperato con la speranza che possa essere raccolto da chi davvero potrà aiutarla. Non resta dunque che augurare in bocca al lupo a questa famiglia che, pare essere entrata in un tunnel senza via d’uscita. Il desiderio è quello di vedere presto una tenue luce in fondo al cunicolo.

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