Non c’è alcun dubbio sul fatto che Salvatore Cosma, 43 anni, sindaco di Tursi dal 2015, è stato uno dei personaggi più importanti, incisivi e anche “originali” durante l’era Coronavirus in tutta la Basilicata. “Un toro”, come ama definirsi, che è diventato famoso nei tg e rotocalchi nazionali, arrivando sino negli Stati Uniti, paese che, a metà marzo ancora non era stato colpito con ferocia dal Covid e che guardava con curiosità l’Italia alle prese con la Pandemia.
Un Sindaco dal temperamento forte, quello che arriva ogni giorno, anche più di una volta al giorno, nelle case di tutti attraverso le sue dirette Facebook. Il sindaco e l’uomo che predica attenzione nei primi giorni tragici dell’emergenza, che indossa la pettorina gialla da capo della Protezione Civile e che, con un manipolo di uomini, volontari, al seguito, pattuglia strade e ingressi in città. Tursi è un fortino da difendere, da chi vuole arrivare disinvolto in città, senza mascherine e dispositivi di protezione individuale. Ma Tursi è anche un nucleo di storie da difendere da se stesso, perché il virus è maledetto, silenzioso e si aggira tra gli anziani, i bambini e le persone fragili della comunità.
Allora Cosma, che è tutto meno che un politico riflessivo o un attendista, si schiera, emette ordinanze, spesso restrittive, capisce che l’Italia agli inizi del Covid 19 brancola nel buio e così preferisce affrontare di petto il pericolo che sta entrando nelle case senza chiedere permesso. Le sue dirette si inaspriscono, nonostante gli appelli, arriva addirittura a minacciare chi non rispetta le regole: “v rupp u muss” (letteralmente, vi rompo il muso) è l’ammonimento ai suoi concittadini che magari ancora stazionano vicino alle panchine creando assembramenti e ponendosi così inermi al possibile contagio.
Ma Cosma non è un violento, anzi. Il sindaco di Tursi è un grande animatore, una passione che ha svolto in gioventù e che non lo ha mai abbandonato. Cosma è un compagnone ma è anche un arbitro e giocatore di calcio, uno che capisce i “tempi”, quando agire d’anticipo significa fare gol o, soprattutto evitare di prenderlo.
Sindaco Cosma, siamo giunti alla Fase 3 dell’emergenza sanitaria nazionale. Siamo veramente pronti ad aprire i nostri confini e tornare ad una vita normale?
“Credo che la Basilicata abbia dimostrato di sapere affrontare la crisi sanitaria attraverso il lavoro di squadra di comunità e istituzioni, dando prova di maturità e disciplina, seguendo i decreti nazionali e le ordinanze regionali e comunali che sono state emesse. Se ora, la Task Force del Governo, composta da medici, scienziati e professionisti vari ha dato il via libera alla circolazione in tutta la penisola vuol dire che, evidentemente, siamo in una fase migliore dal punto di vista della circolazione del virus e del modo di proteggerci da esso. Nella mia comunità, per esempio, il virus non ha circolato perché siamo stati bravi tutti a difendere i nostri confini e i nostri familiari. Non è stato facile all’inizio, il Coronavirus è un nemico difficile da intravedere e anticipare ma abbiamo capito finalmente, anche grazie ai guariti e purtroppo, ai tanti deceduti per questa malattia, come arginarlo. Ora, dopo 90 giorni di lotta in trincea, abbiamo i mezzi per combattere. E non possiamo più sbagliare.
Dal lockdown alla crisi economica, passando per quella sanitaria. Che giorni sono stati e come li ha vissuti lei, Sindaco in trincea, insieme alla sua comunità?
“Fino all’8 marzo anche io ho sottovalutato il problema. Il Coronavirus era lontano, straniero di questa terra e nelle nostre realtà. Poi invece ho cominciato a capire quale potesse essere il grande pericolo che stavamo per vivere e allora mi sono avvalso dell’unico potere da primo cittadino, quello delle ordinanze (ne ha emesse ben 40 in questo periodo ndr) per arginare quello che sarebbe poi successo con l’esplosione del virus in tutta Italia. Chiudere, limitare, controllare e distanziare: mi hanno dato dello “sceriffo” ma io ho solamente dato tutto me stesso per salvare la mia comunità, i miei anziani, i miei bambini, i miei concittadini. Mi sono messo la pettorina della Protezione Civile e con tutti gli altri volontari abbiamo prima chiuso i confini della nostra città, monitorando che non si verificassero assembramenti. Il primo problema è arrivato proprio dalla decisione del Governo: inizia il lockdown, chiudono uffici, attività e soprattutto le scuole. Il giorno dopo mi sono ritrovato centinaia di ragazzi di tutte le età in giro per il paese. Ho dovuto subito fare la prima ordinanza d’emergenza per limitare le uscite che dovevano poi avvenire sempre alla presenza di un genitore. In tutto questo periodo di Pandemia sono state tante le volte che abbiamo dovuto affrontare al meglio le decisioni o del Governo, o della Task force regionale che spesso ho criticato. Oggi posso dire che nessuno era preparato a quello che sarebbe stato, nessuno poteva prevedere l’entità del problema e in pochi eravamo provvisti dei dispositivi di protezione con cui affrontare il Covid 19. Eravamo a mani nude, oggi siamo un pochino più preparati. Ognuno ha fatto, e dovrà ancora fare, il proprio dovere”.
In tutto questo, dopo un primo periodo durissimo, sono arrivate le sue tanto famose dirette Facebook. I suoi interventi sono seguiti da migliaia di persone e raccolgono un incredibile successo perché riesce a raccontare Tursi e i tursitani in maniera del tutto originale. Mi dicono che sia arrivato a 100.000 visualizzazioni, un successo di comunicazione enorme…
“Io sono un comunicatore. Ho fatto l’animatore per tanti anni non sono un giornalista ma amo la comunicazione in tutte le sue forme. Le dirette su Facebook sono nate per dare un segno dell’impegno che stavamo mettendo nella nostra comunità, quando dovevamo preservarla più possibile da ogni pericolo che potesse arrivare da fuori. A volte mi sono lasciato un po’ andare, tan’è che sono finito in tutti i tg e fuori dai confini nazionali per questo mio temperamento. La verità è che ho voluto affrontare questa emergenza con grande goliardia, ho cercato un modo per avvicinarmi alla gente, far sentire loro il mio affetto e rallegrarli in questo momento di estremo dolore. Ho fatto promozione del territorio, della mia comunità e della lingua tursitana che è unica al mondo. Ho tentato di far conoscere ancora di più le opere di un sommo poeta come Albino Pierro, il nostro orgoglio. Ho lavorato incessantemente per dare agli altri e a me stesso, uno sfogo. Ti assicuro che non è stato facile. Tante volte la sera, quando mi trovavo dopo una diretta Facebook, con le sole luci del nostro paese accese, ho pianto. Ho sperato che prima o poi si tornasse alla normalità, ho sofferto nel vedere le nostre attività chiuse, i locali vuoti, le panchine deserte. Amo la mia comunità da cui non mi allontanerò mai”.
E qui nasce una domanda obbligatoria: si ricandiderà alle prossime elezioni che si svolgeranno a settembre? In tanti chiedono una sua posizione ufficiale dopo quest’emergenza…
“Assolutamente sì, ci mancherebbe, il mio posto è qua. Mi ricandido, con tutto l’entusiasmo possibile, alla prossima tornata elettorale con lo spirito da combattente di sempre: voglio ancora fare il sindaco di Tursi che è la mia comunità, la mia famiglia. Darò il massimo per ricevere il consenso dei miei concittadini sottoponendo loro tutto il lavoro svolto durante la mia Amministrazione, da cinque anni a questa parte. Se i numeri saranno benevoli vorrà dire che ho lavorato bene. Se non dovessi essere rieletto, allora solo in quel caso mi dimetterò da tutto e tornerò a lavorare nel sociale, in mezzo alla gente. Non mi interessano altri impegni comunali, o sindaco o niente”.
E’ vero che la “corteggiano” sia a livello regionale che nazionale affinché lasci questo suo incarico a Tursi e possa intraprendere un percorso diverso, quello che la possa portare a Roma?
“In tanti mi hanno chiesto di impegnarmi ancora una volta, visto che l’ho già fatto in passato. Io però sono difficilmente “catalogabile” nei partiti e negli schieramenti perché sono uno spirito libero che fa dell’uguaglianza e della Cristianità i suoi principi guida. Non ho particolari bramosie di essere parlamentare o assessore regionale, qualsiasi impegno politico non sarà mai slegato da Tursi, anzi. Se un giorno dovessi diventare parlamentare o senatore, sarò sempre quello che porta a Roma un problema di Tursi. Perché sono una persona semplice, un uomo cresciuto nel sacrificio, ottavo di otto figli. Ho fatto miei gli insegnamenti di mia mamma. ‘Non dimenticare mai da dove vieni – mi ripete spesso – Perché nel momento che calpesti la dignità di un povero Cristo, calpesti la dignità di tua madre che ha zappato la terra per farti studiare e diventare qualcuno’. Io sono un fervente Cattolico e credo di avere una missione nella mia vita: ripagare quanto di buono mi è stato fatto aiutando gli altri. Sarò sempre al servizio di chiunque abbia bisogno, non mi tiro certo indietro. E nel campo di battaglia, se devo difendere il vessillo di Tursi, combatterò sempre fino all’ultima goccia di sangue”.