Sto seguendo con attenzione l’evoluzione verso le prossime elezioni regionali in Puglia, Campania e Calabria. E quello che vedo è esattamente ciò che sarebbe dovuto accadere in Basilicata e che, invece, non è accaduto.

Accordi chiari, coinvolgimento degli elettori, sintesi politica tempestiva: tutti elementi che avrebbero potuto evitare alla nostra regione una sconfitta tanto rovinosa quanto
annunciata. In Calabria, Campania e Puglia il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico hanno trovato un accordo politico chiaro, senza litigi infiniti, senza mesi sprecati.

In Calabria gli elettori hanno potuto votare direttamente la lista che si sarebbe candidata. In Campania, pur con un personaggio ingombrante e divisivo come De Luca, si è arrivati a una soluzione condivisa: niente guerre intestine, niente veti pubblici, ma la capacità di fare un passo indietro per costruire un percorso politico più ampio.

In Puglia, dove il tema delle alleanze non è mai banale, si è arrivati a un’intesa che tiene insieme contenuti e strategia. Con Michele Emiliano che pare abbia deciso di farsi da parte.

E la Basilicata?

Un anno fa abbiamo visto esattamente l’opposto. Ci si è arroccati per mesi sul nome del
candidato presidente, bruciando tempo prezioso. Poi, alla fine, si è fatta comunque un’alleanza in fretta e furia col PD, senza un programma chiaro e soprattutto senza alcun coinvolgimento della base. Anzi, la strategia del gruppo dirigente è stata quella di bersagliare continuamente ed isolare coloro che chiedevano e lavoravano per rafforzare l’alleanza, dare agli elettori contenuti ed indicazioni chiare e chiedeva un loro coinvolgimento nel processo decisionale, come il sottoscritto.

Il candidato presidente non è stato scelto dagli elettori, le liste non sono state costruite con un percorso partecipato, ma fatte a porte chiuse dal coordinatore regionale, Arnaldo Lomuti, e dalle due coordinatrici provinciali. Coordinatrici che, non a caso, si sono ritrovate candidate in posizione blindata e oggi siedono in Consiglio regionale.

Il risultato è noto: una delle peggiori sconfitte elettorali della storia recente (anche una delle più prevedibili) con il centrodestra che ha consolidato il proprio dominio e un Movimento che ha perso consenso e credibilità.

E cosa è successo dopo? Da altre parti, di fronte a sconfitte di quella portata, la responsabilità politica porta alle dimissioni. In Basilicata no. Dopo aver perso la Regione, dopo aver perso comuni importanti, come Venosa, e di recente anche Matera, il coordinatore regionale, Lomuti, è rimasto immobile, come se nulla fosse. Nessuna autocritica, nessuna riflessione, nessun cambio di passo. Solo la solita autoreferenzialità. Oggi, guardando alle regionali del Sud, si vede la differenza: altrove il Movimento sa costruire alleanze solide, presentare programmi condivisi, dare spazio alla base. In Basilicata, un anno fa, si è visto solo autoreferenzialità, chiusura e la volontà di blindare carriere personali. Il paragone è impietoso e mette in luce un fatto: il problema non è il Movimento, non è il campo largo, non è l’alleanza col PD. Il problema è stato – ed è – la gestione locale, guidata dal coordinatore regionale Lomuti e da un gruppo dirigente che ha mostrato limiti evidenti. Chi oggi prova a rivendicare meriti dovrebbe prima assumersi la responsabilità delle sconfitte. Perché la politica non può essere solo gestione del presente: deve essere visione, credibilità, partecipazione. Tutto ciò che, in Basilicata, è mancato.

Il paragone è impietoso. Altrove si governa, qui si perde e ci si blinda.
Un’altra dose di verità, somministrata un po’ per volta.

Gianni Leggieri, già consigliere regionale Basilicata