Aveva detto appena due giorni fa che non si sarebbe mai tirato indietro. Spavaldo, coraggioso, sfrontato: era apparso così Angelo Chiorazzo prima a “Il Manifesto” e poi a “un giorno da pecora” su RadioRai1.
Ieri invece, con una lunga perifrasi democristiana, è arrivato il passo indietro, così come riportato da “Il Sole 24 Ore”: «Il dialogo è aperto, si sceglierà nei prossimi giorni. Se ci sarà un altro nome sul tappeto oltre al mio stiamo pronti a confrontarci, a patto però che sia riconosciuto il nostro ruolo. Finora questo nome non c’è. Se non ci sarà unità la responsabilità non sarà né di “Basilicata casa comune” né mia».
Il virgolettato è stato poi smentito da Chiorazzo stesso: “Sul Sole24ore di oggi mi vengono attribuite trattative per posti in giunta o altri strapuntini, in cambio del mio ritiro dalla corsa alla Presidenza. Smentisco categoricamente questa dinamica, probabilmente suggerita da qualche mano interessata”. Una smentita che fa il paio con quella di ieri di Speranza. Ma è il segnale chiaro che a Roma i due gemelli del centrosinistra lucano non godono di buona stampa. Diciamo così.
Sempre su “il Fatto quotidiano”, un accorto Marco Lillo boccia Chiorazzo con gentilezza e sfida Speranza: in sintesi il concetto del pezzo è “visto che hai fatto ‘sto casino, candidati tu”. Ma l’ex ministro della Salute non ci pensa proprio. Sa che in Basilicata non tira buona aria per lui.
Alla fine sarà proprio Chiorazzo a indicare al Pd il candidato presidente, il partito sul territorio è già commissariato e a Roma già si sono stancati della Basilicata. Si cercherà un nome non troppo forte, Chiorazzo proverà in tal modo a sedurre Pittella, che resta il più furbo di tutti, e il M5S accetterà, anche perché ha dato una prova di forza enorme, di fatto potendo vantare il “merito” di aver archiviato il “caso Chiorazzo”.
In questo grande gioco c’è un solo assente: la Basilicata. Dettagli.