IL MONDO DELLE DONNE, una rubrica di Silvia Trupo

Mai come in queste ore il film della Cortellesi, successo di pubblico e di critica, tuona come un monito a favore della vita, affinché ognuno di noi ne faccia un capolavoro e non una prigione.

Già nel titolo “C’è ancora domani” si rintraccia la forza e la volontà della speranza per un futuro che appartenga alle donne, la speranza che ci sia davvero un domani per ognuna di noi.

La storia è semplice e come tutte le cose semplici è potentissima. Delia, la protagonista, è sposata con un uomo che la usa come fosse una serva eppure “manco quello sei bona a fa!” Le dice durante uno dei sui mille momenti di rabbia. Una rabbia che diventa cattiveria che si tramuta in violenza. Una violenza domestica difficile da digerire eppure così diffusa e riconoscibile da sembrare naturale, famigliare. Il vicinato, composto prevalentemente da altre donne, sente le urla di Delia e mentre si guardano negli occhi, in religioso silenzio, sperano che presto quel grido di dolore finisca per poi rivedere la vittima uscire di casa come nulla fosse. Nonostante i lividi. Nonostante la tristezza scolpita sul viso.

Delia è vittima di suo marito, dell’omertà, di un sistema che rende le donne invisibili, inutili.

Eppure, questa donna, ha una figlia alla quale non vuole riservare la sua stessa sorte e per lei farà qualcosa che cambierà il destino di Marcella, sua figlia appunto, ma anche di se stessa seppure in maniera velata.

Paola Cortellesi usa una narrativa dolce, musicale e poetica per raccontare l’orrore della violenza sulle donne. Un geniale pugno allo stomaco, anestetizzato dall’ironia e dall’intelligenza.

Un film garbato, nonostante il tema, che trova nel finale, una ragione potente per poter dire che, per fortuna, c’è ancora domani.

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