Ha ragione Carlo Calenda su Stellantis: Landini tace perché preferisce la sua promozione su Repubblica alla difesa dei lavoratori. Un’accusa ribadita dal leader di Azione, rilanciata da Marcello Pittella e reetweettata da Vito Bardi. Insomma, il cerchio si chiude e i fatti sono chiari: Stellantis predilige la Francia e l’Italia é penalizzata. Gli Elkann giocano una partita transnazionale e sono lontani i tempi dell’avvocato Agnelli, che legava i destini della Fiat a quelli dell’Italia, ovviamente avendo priorità quelli della Fiat.
Ma il tema é un altro.
Quello Elkann-Landini é il solito vecchio discorso sul capitalismo di relazione e su un sindacato ormai ridotto ad agenzia di comunicazione. Noia.
La partita che interessa davvero i lavoratori di Melfi (e degli altri stabilimenti) si chiama incentivi. La Regione si ha già messi sul tavolo: 50 milioni (derivanti dalle compensazioni ambientali) per abbattere i costi energetici e avvicinarli a quelli di Saragozza (altro stabilimento Stellantis). Il governo nazionale invece tiene fermi gli incentivi per un dato fattuale: si userebbero i soldi dei contribuenti italiani di fatto per avvantaggiare Tesla e soprattutto i cinesi, già foraggiati dal governo di Pechino. Con il rischio di svuotare le casse dello stato per non difendere le produzioni italiane ed europee. Non a caso la Commissione UE ha avviato un’indagine sulle auto elettriche cinesi, perché in UE non si può incentivare un bene già incentivato da un altro stato.
In tutto ciò, il passaggio all’elettrico, voluto dalla sinistra europea e appoggiato dalla CGIL, é stata la botta finale. Poi si lamentano che i lavoratori – anche quelli iscritti alla CGIL – votano a destra.