Lo scorso sabato 10 giugno, l’Ordine degli Psicologi di Basilicata ha ospitato un importante evento Ecm sul tema “Atti di violenza sugli operatori sanitari: riconoscere e prevenire i fenomeni di violenza e le molestie. Analisi del fenomeno e strategie per non esserne bersaglio”, promosso in collaborazione con l’Opi provinciale. Un momento di confronto di rilievo, che ha visto riunirsi intorno al tavolo di lavoro interlocutori e professioni trasversali, e che è stato diviso in due fasi; la prima, con i saluti istituzionali e gli interventi scientifici, a cura della dr.ssa Luisa Langone, presidente dell’Ordine degli Psicologi lucano e della dr.ssa Serafina Robertucci, presidente dell’Opi provinciale, e le relazioni della dr.ssa P. M. Rosco, consigliere dell’Opi, sui dati epidemiologici e sull’analisi delle cause e della dr.ssa S. Poerio, consigliere dell’Opi, sulle iniziative di protezione e prevenzione del fenomeno, con l’illustrazione delle direttive ministeriali. La seconda, invece, è stata impreziosita dal contributo della dr.ssa A. Magno, psicologa e psicoterapeuta, sulle strategie di prevenzione e contrasto della violenza sui sanitari, cui ha fatto seguito una esercitazione pratica, in applicazione della metodologia Bpl, e gli approfondimenti a cura del dr. Ciavarella, sul rischio clinico e la sicurezza dei processi assistenziali e dell’avv. L. Murro, sugli aspetti giuridici e legali, correlati alla questione in esame.
Così la dott.ssa Luisa Langone: «Siamo sempre più convinti che la presa in carico globale delle persone che a noi si rivolgono, sia la strategia più idonea per sostenere efficacemente, nel caso di disagi conclamati e per prevenire, nel caso i processi non abbiano ancora preso vita. In tal senso, un approccio multidisciplinare rappresenta la strada percorribile, affinché vi siano dirette ricadute anche sul fronte sociale, a tutela della comunità. Il tema che abbiamo affrontato, oggi, ne è testimonianza tangibile; la cronaca registra un numero crescente di episodi di violenza, a danno degli operatori sanitari. Non dimentichiamo che le matrici dell’aggressività sono dinamiche emotive caratterizzate da insicurezza e paura, egocentrismo, dalla pretesa di avere tutto e subito, dalla scarsa o assente tolleranza alle frustrazioni, da un vero e proprio discontrollo degli impulsi e purtroppo, dall’assenza di comprensione del punto di vista altrui, oltre che dalla insofferenza verso le regole e i sistemi normativi. Una disposizione analitica che, in modo circolare, accolga più competenze, agevola il contenimento del fenomeno e aiuta nell’inversione del paradigma culturale, perché non sfoci in derive sociali. Riaccendere l’attenzione su tali eventi, infine, a tutela di tutti i protagonisti dell’universo della cura, diviene priorità assoluta».
La dott.ssa Serafina Robertucci ha ribadito: «Il tema dei rischi psicosociali in materia di sicurezza e salute che comportano molestie e violenze sugli operatori sanitari è un fenomeno preoccupante e in forte crescita, negli ultimi anni. Questo, oltre a minare il benessere lavorativo e la sicurezza delle cure, rappresenta uno specifico rischio da contrastare, con idonee misure di prevenzione. La categoria infermieristica è quella più vulnerabile, per la tipologia di lavoro svolto, sempre a contatto con i pazienti, soprattutto in alcuni servizi caratterizzati dalla gestione di situazioni di emergenza e ad elevata complessità assistenziale, che possono generare facilmente situazioni di tensione. Essendo l’origine degli episodi di violenza, multifattoriale, (eccessivi tempi di attesa, difetti di comunicazione con l’utenza, carenze strutturali e organizzative dei servizi, carenze formative sulla comunicazione, carenze di personale) è necessario implementare le raccomandazioni ministeriali, per prevenire o ridurre al minimo il rischio di accadimento di tali eventi, attraverso una corretta raccolta di dati e l’analisi del fenomeno nelle singole Regioni. Riteniamo necessario -ha aggiunto- investire sulla formazione del personale, relativamente alla comunicazione e ai metodi per gestire situazioni di tensione, sulle dotazioni organiche, per un ottimale rapporto infermiere/paziente che andrebbe a incidere positivamente sulla qualità dell’assistenza, sulla riduzione del rischio di errori, sul rischio di burnout degli operatori e sul contenimento dei costi legati alle assenze dal lavoro per malattia».