“Che in Basilicata il sistema sanitario sia in sofferenza, è cosa nota.
I cittadini, alle prese con bisogni di assistenza, denunciano interminabili liste di attesa, carenza di personale medico ed infermieristico, pronto soccorso congestionato, episodi di malpractice, emigrazione sanitaria extra regionale. Tale aspetto è un significativo campanello di allarme di una situazione che, se non debitamente affrontata, potrebbe
rischiare di compromettere ulteriormente la qualità di prestazioni e servizi”.
E’ quanto afferma l’avv. Luisa Rubino, responsabile provinciale di Rete Sociale Attiva Basilicata, Associazione Nazionale di Consumatori da sempre impegnata nella tutela dei diritti dei cittadini.
“L’azienda ospedaliera regionale San Carlo di Potenza non è da meno. Tuttavia, leggere la qualità di un sistema solo in base agli esiti di alcuni indicatori è sicuramente limitato. Ecco perché è opportuno toccare con mano sia le criticità che le eccellenze che possono
caratterizzare un’azienda, in una valutazione rigorosa ma al tempo stesso “incoraggiante”.
A tale riguardo, da circa sei anni or sono, la cardiochirurgia dell’ospedale San Carlo si è distinta per molti successi, emersi grazie al proficuo lavoro svolto dal dipartimento in seguito all’insediamento del nuovo direttore del reparto, il dott. Giampaolo Luzi. Detto insediamento, all’esito di procedura concorsuale, pur facendo seguito al clamore per l’arresto del precedente primario si caratterizza per i risultati innovativi e significativi che incoraggiano a ben pensare per il futuro.
Viste le eccelse capacità tecnico chirurgiche del dottore Luzi, nonostante il periodo buio vissuto in precedenza dal reparto, le sorti della cardiologia di Potenza si sono ribaltate, portando il centro ad essere il numero uno in Italia per la più bassa mortalità, ad esempio, per bypass aorto-coronarico. Un risultato che non solo non si era mai visto prima, ma che ha reso la cardiologia del nosocomio potentino guidata dal dott. Luzi attrattiva e competitiva nel panorama della sanità nazionale.
I motivi di orgoglio dovrebbero essere sostenuti, sempre. Tuttavia, l’amministrazione dell’ospedale San Carlo, per alcuni aspetti, non sembra porre nelle migliori condizioni operative i suoi professionisti, soprattutto quando dispone che gli emolumenti dell’attività
privata intramoenia facciano parte del tetto massimo consentito ai dipendenti pubblici.
Le diatribe interne non servono a nessuno, meno che mai ai pazienti. Al netto della retorica, è ormai chiaro che il nostro sistema sanitario soffre di problemi strutturali irrisolti.
Anche in virtù della necessità di offrire un equo accesso all’intera offerta medica le prestazioni erogate in regime di intramoenia garantiscono un aspetto rilevante che attiene al diritto di scelta del cittadino. Quest’ultimo, pertanto, ha la possibilità di scegliere il medico di fiducia a cui affidare la propria salute ed ha la possibilità di farlo
all’interno di una struttura sanitaria che garantisce, in quanto tale, adeguatezza e
sicurezza.
Inoltre, l’attività intramoenia valorizza la professionalità di chi opera all’interno della struttura ed è appena il caso di ricordare che in merito a detta attività l’azienda sanitaria si trattiene circa il 30% dei ricavi. Non occorre essere “addetti ai lavori” per comprendere che anche per gli ospedali, così come avviene per una normale azienda, gli incassi vengono calcolati in base alla quantità di beni “venduti” e sarebbe, quindi, anche un vantaggio economico incentivare l’attività privata intramoenia. Nel contempo, gli standard di eccellenza, la qualità, l’efficienza e l’efficacia delle prestazioni dovrebbero sempre costituire la mission della responsabilità manageriale.
L’eventualità che il nosocomio possa perdere i professionisti migliori e con essi la qualità delle cure erogate non è un rischio che può permettersi.
La priorità deve essere il diritto alla salute dei cittadini”.