Matteo Marani racconta la storia di un uomo e della sua famiglia, una storia dimenticata da tutti per più di sessant’anni. Racconta di un allenatore di calcio, forse il più grande della sua epoca, che verrà deportato ad Auschwitz per espiare l’unica colpa a lui imputata: essere ebreo.
È Árpád Weisz. Con la sua passione, il suo lavoro, ha rivoluzionato il mondo del calcio inserendo novità mai viste prima: preparazione atletica dura, ruoli fissi, tattiche e schemi – tutti studi pubblicati in un manuale del calcio scritto con l’allora dirigente dell’Inter, Aldo Molinari, e il tecnico Vittorio Pozzo: “Il giuoco del calcio”.
Uno scudetto con l’Inter, allora “Ambrosiana”, nel 1929, e due scudetti al Bologna, allenato dal 1935. Poi il torneo dell’Expo Universale di Parigi del 1937- competizione antesignana dell’odierna Champions League.
Ma nel 1938 vengono emanate le leggi razziali. È addio all’amata Bologna e fuga per la sopravvivenza, che per Árpád significa allenare. Parigi e poi Dordrecht, Olanda. Riesce ancora a dare prova del suo talento di allenatore; ma ormai è tardi: i nazisti hanno conquistato quasi tutta l’Europa. “Se c’è un modo per uccidere Weisz è togliergli il pallone”, scrive Marani. E così è, ultimo esonero e prima morte, dell’anima, di Weisz. Nella deportazione verrà separato dalla famiglia, la moglie Elena e i figli Roberto e Clara, troppo deboli per essere impiegati come forza lavoro. Loro verranno uccisi due anni prima di lui, nel campo di Birkenau, poco dopo il loro arrivo. Lui, dopo essere stato sfruttato per lavori forzati dal Reich, muore il 31 gennaio 1944 ad Auschwitz.
Con uno stile chiaro e preciso, che mai si lascia andare a sentimentalismi stucchevoli, Marani ricostruisce le più importanti tappe della vita dell’allenatore e della sua famiglia. Attraverso una ricerca anagrafica e archivistica, ripercorrendo egli stesso tutte le tappe di Weisz in Europa come un investigatore privato, offre un racconto vero di resilienza; tragico ed emozionante.
Viene da chiedersi, a questo punto, come sia stato possibile che questa storia, di un allenatore così importante per il calcio, sia finita nell’oblio. La risposta più semplice, e drammatica, può trovarsi proprio nella difficoltà nel reperire documenti dell’epoca, e trovare i testimoni di tutte le particolarità delle vittime dell’Olocausto.
Matteo Marani ce l’ha fatta, e con il suo lavoro ha cercato di colmare, in parte, questo vuoto, ridando dignità almeno a un uomo e alla sua famiglia. Árpád Weisz rivive oggi come esempio di grande allenatore, simbolo di una memoria ritrovata e testimonianza del dolore causato dalla discriminazione, presente anche nel mondo del calcio. (da un articolo di Daniele Molteni su Gariwo – la foresta dei giusti)

Matteo Marani
Il 9 febbraio 2023, in occasione dell’Assemblea Elettiva nel Salone d’Onore del CONI, a Roma, è diventato il nuovo Presidente della Lega Pro.
Marani, le esperienze nel mondo della carta stampata, in tv e da scrittore
Matteo Marani si è laureato in storia all’Università di Bologna e subito dopo ha iniziato la carriera da giornalista sportivo. Esperto di calcio ha collaborato con Il Messaggero, il Corriere dello Sport – Stadio e Il Sole 24 Ore. Nel 1992 ha iniziato a scrivere per la rivista Guerin Sportivo come stagista di cui è arrivato a diventare direttore nel 2008 e fino al 2016. Marani ha cambiato la pubblicazione del Guerin Sportivo trasformandola da settimanale a mensile e lo ha portato anche sul web.
Non solo carta stampata. Marani ha collaborato in tv con Quelli che il calcio, celebre trasmissione andata in onda Rai 2. Dal 2016 è diventato il vice direttore di Sky Sport e responsabile dell’area eventi calcio di Sky Italia. Dal marzo 2016 al gennaio 2018 ha ricoperto la carica di vice direttore anche a Sky Sport 24. Per Sky dal 2019 è, inoltre, autore e conduttore della serie monografica Storie.
Per il libro “Dallo scudetto ad Auschwitz”, ha ricevuto sia il premio per la letteratura sportiva di Chieti nel 2009 sia quello intitolato ad Antonio Ghirelli nel 2014.