Il ministro grillino (?) Cingolani ha messo il dito nella piaga: «I paesi europei che non producono auto volevano un’uscita anticipata dal motore termico, tanto che gli costa? Il problema della manodopera ce l’abbiamo noi, mica loro».
Cosa è successo? Ieri il Parlamento europeo ha votato una risoluzione che vieta la produzione dei motori a benzina e diesel dal 2035. La maggioranza che sostiene il Governo Draghi si è spaccata e alla fine l’emendamento è passato grazie ai voti del Partito socialista europeo e quindi del Partito democratico.
Si tratta di una risoluzione che colpirà migliaia di posti di lavoro. Perché? Produrre un motore elettrico richiede il 75% di operai in meno. Se pensiamo ai 7000 operai di Melfi, nel 2035 (ma quindi già prima…) andranno a casa in 5000. E non è detto che l’impianto possa resistere. Ma i motori elettrici chi li produce? La risposta è semplice: la tecnologia è cinese.
In passato sempre il ministro grillino (?) Cingolani parlò di “bagno di sangue”, come ha ricordato anche il Presidente della Regione Basilicata.
E il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani sottolinea che “noi (il PPE) avevamo chiesto di ridurre le emissioni fino al 90 per cento, per permettere alla nostra industria di lavorare con auto non totalmente elettriche. Questo significa mettere a repentaglio decine, centinaia di migliaia di posti di lavoro. La trattativa è però ancora aperta”.
Voci critiche anche a sinistra: Carlo Calenda su twitter ha parlato di un errore grave commesso dal Pd contro l’industria automobilistica italiana. “Imponendo l’elettrico, verso idrogeno e biocarburanti, mettiamo le premesse per una nuova dipendenza dalla Cina. A ciò si aggiunge la totale assenza di un piano”.
Cosa succederà allo stabilimento di Melfi non è dato sapere. E intanto i sindacati lucani ancora non sono intervenuti…