“L’arresto a Bari, per corruzione, dell’Avv. Giancarlo Chiarello e del Giudice De Benedictis (che ha prestato servizio presso il Tribunale Penale di Matera), mi ha profondamente turbato.

Il magistrato, colto in flagranza di reato, al momento dell’arresto ha dichiarato: “mi vergogno”; non si conosce la reazione dell’avvocato.

Da sempre sono convinto ed affermo che, se l’avvocato “sta al posto suo” e pretende la corretta applicazione della legge, il magistrato è costretto a non debordare dal binario delle sue delicate funzioni.

Concordo con il Procuratore Gratteri quando afferma che i magistrati guadagnano bene e che bisogna essere feroci nei loro confronti quando ricevono soldi e regalie. Io aggiungo che nei confronti di avvocati corruttori di magistrati bisogna essere ancora più feroci n quanto il loro dovere professionale è quello di fare in modo che i giudici non sbaglino e non quello di farli sbagliare attraverso il c.d. pactum sceleris.

Il “sistema” corruttivo, costituito necessariamente da corrotti e corruttori, agisce in spregio ai valori della Costituzione e, prima ancora di rappresentare violazione di norme penali, rappresenta la peggiore piaga sociale che ostacola la crescita e lo sviluppo dei territori: è un cancro che logora la vita umana.

Il corrotto non esiste senza il corruttore; quest’ultimo, prima del corrotto, va bandito dal consorzio umano, perché socialmente pericoloso.

Se l’avvocato non deve corrompere, il magistrato, oltre a non farsi corrompere, deve mantenere le distanze da avvocati notoriamente spregiudicati e millantatori che promettono facili carriere, trasferimenti, vacanze e soggiorni gratuiti.

Il delitto di corruzione in atti giudiziari è un reato odioso perché ferisce mortalmente il “sistema giustizia” annullandone prestigio e credibilità.

Anche per De Benedictis e Chiariello vale la presunzione di innocenza, ma questo, per quanto mi riguarda, non ci esime dal dovere di condannare fermamente l’accaduto che mi ha profondamente segnato sia come cittadino che come operatore della giustizia. Ovviamente non bisogna generalizzare; infatti, va dato atto che esistono avvocati e magistrati di tutto rispetto, che da sempre svolgono le loro funzioni con estremo rigore.

La brutta vicenda di Bari crea disagio e disorientamento nell’opinione pubblica; rappresenta tuttavia motivo di sollievo perché si è avuta la prova che l’Istituzione Giudiziaria ha gli anticorpi necessari per colpire al proprio interno comportamenti devianti.

Anche l’Avvocatura, oggi più che mai, deve mostrare tutto il vigore necessario per isolare ed espellere dall’ordine forense le “mele marce” che disonorano la toga, cioè i commercianti e mezzani, come li definiva Calamandrei; i “piazzisti di cravatte”, gli spregiudicati e millantatori di sentenze addomesticate”.

Avv. Leonardo Pinto