“Sbarchiamo sulla Luna e atterriamo su Marte, eppure fatichiamo ancora a riconoscere l’altra metà del nostro mondo. Una metà fatta di donne, di madri e di lavoratrici che lottano per rivendicare la libertà sul proprio corpo, la dignità come persone e come professioniste, nonché l’importanza della propria funzione sociale. Non sarà una mimosa a salvarci né una panchina rossa, se a tutti questi benemeriti simboli non si farà corrispondere un netto e radicale cambiamento culturale e politico. E dico culturale e politico perché, alle volte, la mera, seppure indispensabile, affermazione della ‘parità di genere’ non è affatto sufficiente a sovvertire l’effettiva disparità di genere con cui conviviamo da secoli”.
Lo sostiene la consigliera regionale del M5s, Carmela Carlucci che aggiunge: “Non basta dichiarare la parità perché essa, di fatto, si realizzi. Bisogna investire affinché si determinino le condizioni socio-economiche in grado di far emancipare realmente le donne dalla propria condizione di subalternità. Non può esistere parità laddove non esistono indipendenza economica né pari opportunità lavorative. E una donna, oggi, è ancora costretta a scegliere tra il ruolo di madre e quello di lavoratrice, come se il ruolo di madre non fosse già, di per sé, una occupazione. Un’occupazione che, per di più, coincide con una essenziale funzione sociale, ossia quella di far nascere, crescere ed educare i cittadini di domani. Tutto questo non è dovuto. Tutto questo va riconosciuto, anche economicamente”.
“E invece – dice – la realtà in cui viviamo è quella di migliaia di donne costrette a rinunciare o a nascondere la propria maternità nella speranza di superare un colloquio di lavoro; di migliaia di donne costrette ad alzarsi alle quattro del mattino per andare al lavoro, ma solo dopo aver preparato il cibo per tutti e assicurato una merenda negli zaini dei propri figli; di centinaia di donne costrette a subire violenze domestiche perché economicamente dipendenti dal proprio aguzzino; di migliaia di donne che, dopo aver dedicato la propria vita ai figli, accudiscono, nell’ombra, genitori e nonni; di migliaia di donne costrette dalla fame ad abbandonare le proprie famiglie e i propri paesi di origine per accudire i ‘nostri anziani’, ovviamente, spesso, sottopagate e senza alcuna tutela”.